Matteo 10,40-42
25-11-2015 20:22 - Fede e spiritualità
di Marco Di Pasquale
«Chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta come profeta, riceverà premio di profeta; e chi riceve un giusto come giusto, riceverà premio di giusto. E chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d´acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto il suo premio».
C´era una volta un re, esiliato dal suo regno, che vagava ramingo e solo, di villaggio in villaggio. Se veniva alloggiato malamente e malamente sfamato, ma accolto da re, parlava con quelli di casa con tale confidenza come neppure quand´era a corte con i suoi più intimi. Così fa anche Dio, da quando è in esilio.
Questa breve storiella ebraica sembra spiegare molto bene il significato delle frasi di Gesù. Gesù invia i dodici apostoli in missione, esortandoli e incoraggiandoli, e termina con le parole che abbiamo letto. Perché mai questa missione? Forse per fare propaganda? La risposta di Gesù è un´altra: perché «chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato». Gesù stesso è inviato in missione per portare l´evangelo; è questa la prima cosa che ci accomuna a lui, come cristiani. Ricevere qualcuno che porta l´evangelo, perché porta l´evangelo, significa ricevere Gesù stesso, e anzi Dio stesso: significa accogliere Dio presso di sé.
Quando diciamo che l´evangelo è Parola di Dio, non intendiamo semplicemente che "sta scritto nella Bibbia". La Bibbia è un libro, che può restare muto come qualsiasi altro libro, se non se ne coglie il messaggio. Intendiamo dire invece che, quando accogliamo l´evangelo, Dio sta realmente parlando con noi, proprio con noi - così familiarmente, come un tempo a corte neanche con i suoi più intimi. Ci sta parlando come alle persone a lui più a care, da lui più stimate. Accogliere chi porta l´evangelo, perché porta l´evangelo, significa accogliere Gesù come il Cristo; e accogliere Gesù Cristo, significa accogliere Dio come Dio: come desidera essere accolto.
Le parole di Gesù ci dicono anche di più. Egli sta dicendo, in sostanza: "Chi accoglie me, accoglie Dio come Dio; e chi lo accoglie in tal modo, partecipa della sua gloria". Quando accogliamo Gesù Cristo nella nostra vita, in noi stessi, siamo resi partecipi della gloria stessa di Dio. E la prima cosa che accade è che Dio ci parla, tanto intimamente, come solo ai profeti e ai giusti. Cosa? Ma se ciascuno e ciascuna di noi, guardandosi dentro, non può considerarsi più di un miserabile?! Eppure, Dio parla a noi, e ci associa alla sua gloria, già ora!
E in che consisterebbe questa gloria, a cui Dio ci associa? Questo premio, paragonabile a quello dei profeti e dei giusti? La gloria di Dio è visibile, ancora una volta, in Gesù Cristo: è una gloria che attraversa la sofferenza, e fin la morte e l´infamia, e su di esse s´innalza, dopo averle vinte. Ma la buona notizia è che il caro prezzo di quella gloria, alla quale veniamo associati, è stato pagato, interamente, dalle sofferenze di Gesù, che egli ha vinto.
Ecco perché, nell´ultimo versetto, si parla non dei grandi e dei giusti ma dei minimi, dei piccoli. La gloria di Dio è quella di Gesù Cristo, abbassato e umiliato, eppur vittorioso; la gloria di colui che era grande e si è fatto piccolo - la gloria di un re in esilio, come quello della storiella ebraica.
Ecco: noi cristiani e cristiane siamo piccoli, sofferenti, tutt´altro che giusti e grandi. Ma portiamo un messaggio di gloria e di salvezza, portiamo agli altri una persona che è la gloria e la salvezza di Dio. E se qualcuno ci dà un piccolo, misero bicchier d´acqua perché in qualche modo ha riconosciuto in noi quella persona, Gesù Cristo, quegli ha accolto il re in esilio, come re, e non perderà il suo premio.
Fonte: Chiesavaldese.org
«Chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato. Chi riceve un profeta come profeta, riceverà premio di profeta; e chi riceve un giusto come giusto, riceverà premio di giusto. E chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d´acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è un mio discepolo, io vi dico in verità che non perderà affatto il suo premio».
C´era una volta un re, esiliato dal suo regno, che vagava ramingo e solo, di villaggio in villaggio. Se veniva alloggiato malamente e malamente sfamato, ma accolto da re, parlava con quelli di casa con tale confidenza come neppure quand´era a corte con i suoi più intimi. Così fa anche Dio, da quando è in esilio.
Questa breve storiella ebraica sembra spiegare molto bene il significato delle frasi di Gesù. Gesù invia i dodici apostoli in missione, esortandoli e incoraggiandoli, e termina con le parole che abbiamo letto. Perché mai questa missione? Forse per fare propaganda? La risposta di Gesù è un´altra: perché «chi riceve voi, riceve me; e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato». Gesù stesso è inviato in missione per portare l´evangelo; è questa la prima cosa che ci accomuna a lui, come cristiani. Ricevere qualcuno che porta l´evangelo, perché porta l´evangelo, significa ricevere Gesù stesso, e anzi Dio stesso: significa accogliere Dio presso di sé.
Quando diciamo che l´evangelo è Parola di Dio, non intendiamo semplicemente che "sta scritto nella Bibbia". La Bibbia è un libro, che può restare muto come qualsiasi altro libro, se non se ne coglie il messaggio. Intendiamo dire invece che, quando accogliamo l´evangelo, Dio sta realmente parlando con noi, proprio con noi - così familiarmente, come un tempo a corte neanche con i suoi più intimi. Ci sta parlando come alle persone a lui più a care, da lui più stimate. Accogliere chi porta l´evangelo, perché porta l´evangelo, significa accogliere Gesù come il Cristo; e accogliere Gesù Cristo, significa accogliere Dio come Dio: come desidera essere accolto.
Le parole di Gesù ci dicono anche di più. Egli sta dicendo, in sostanza: "Chi accoglie me, accoglie Dio come Dio; e chi lo accoglie in tal modo, partecipa della sua gloria". Quando accogliamo Gesù Cristo nella nostra vita, in noi stessi, siamo resi partecipi della gloria stessa di Dio. E la prima cosa che accade è che Dio ci parla, tanto intimamente, come solo ai profeti e ai giusti. Cosa? Ma se ciascuno e ciascuna di noi, guardandosi dentro, non può considerarsi più di un miserabile?! Eppure, Dio parla a noi, e ci associa alla sua gloria, già ora!
E in che consisterebbe questa gloria, a cui Dio ci associa? Questo premio, paragonabile a quello dei profeti e dei giusti? La gloria di Dio è visibile, ancora una volta, in Gesù Cristo: è una gloria che attraversa la sofferenza, e fin la morte e l´infamia, e su di esse s´innalza, dopo averle vinte. Ma la buona notizia è che il caro prezzo di quella gloria, alla quale veniamo associati, è stato pagato, interamente, dalle sofferenze di Gesù, che egli ha vinto.
Ecco perché, nell´ultimo versetto, si parla non dei grandi e dei giusti ma dei minimi, dei piccoli. La gloria di Dio è quella di Gesù Cristo, abbassato e umiliato, eppur vittorioso; la gloria di colui che era grande e si è fatto piccolo - la gloria di un re in esilio, come quello della storiella ebraica.
Ecco: noi cristiani e cristiane siamo piccoli, sofferenti, tutt´altro che giusti e grandi. Ma portiamo un messaggio di gloria e di salvezza, portiamo agli altri una persona che è la gloria e la salvezza di Dio. E se qualcuno ci dà un piccolo, misero bicchier d´acqua perché in qualche modo ha riconosciuto in noi quella persona, Gesù Cristo, quegli ha accolto il re in esilio, come re, e non perderà il suo premio.
Fonte: Chiesavaldese.org